Mi blocco, sollevo le mani e osservo i palmi: tremano.
«Non ora, Silvia!» mi rimprovero.
Inspiro e cammino decisa verso lo specchio grande. Mi guardo e soffio via una ciocca di capelli rosa da davanti alla fronte. La canottiera è troppo stretta e i pantaloncini troppo corti, ma con Marco sono al terzo appuntamento, non posso presentarmi per l’ennesima volta vestita come Katniss di Hunger Games; è arrivato il momento di Alice di Resident Evil.
Faccio l’occhiolino e mi vedo bella, molto più di quelle stronzette della mia scuola. «Sarò pure l’unica vergine di quella classe di puttanelle, ma vale la pena aspettarmi.» Mi strizzo le tette e mi vergogno. Non riesco ad essere come loro nemmeno se mi impegno.
Espiro e recupero la giacca, meglio coprirsi mentre esco. Apro leggermente la porta della cameretta e resto in attesa, non sembra esserci nessuno in sala.
Abbasso la testa e punto la porta di casa. Non devo guardarmi attorno, se non li vedo non ci sono.
Afferro le chiavi dalla mensola.
«Dove pensi di andare vestita così?» La voce di mia madre mi gela il sangue.
Mi volto e le sorrido. «Esco con Marta e Jessica» mento. Non so perché ho pensato a loro, sono due stronze e non ci uscirei mai.
«Non avevi dei pantaloni più lunghi?»
Almeno la giacca in jeans mi ha evitato le scenate per la canottiera. «Vogliono che le insegni due mosse di taekwondo…» Sollevo le spalle e cerco di somigliare alla bambina a cui concedeva tutto.
Lei si ferma e sembra pensarci sopra.
Forse ho fatto centro, ora devo affondare. «Sai, dopo la storia di Giulia, non tutte credono si sia suicidata…» Non è bello usare una ragazza morta per raggiungere i propri scopi, ma non sto facendo male a nessuno.
Lei annuisce e abbassa la testa. Le corro incontro, l’abbraccio e le stampo un bacio sulla fronte.
«Però torna per le undici!»
«Ma mamma…»
«Niente ma, hai solo sedici anni! Facciamo alle dieci e mezza!»
***
Marta, Eva e Jessica, son appostate sotto il portone di Marco. Sanno che quello sarà il grande giorno, finalmente il loro piano sta per concludersi.
«Il frocetto è in ritardo» sghignazza Marta.
Eva guarda l’orologio. Sono le sette di sera, se si muovono fa ancora in tempo a guardare la puntata di “Uomini e Donne”. Quella sera c’è come ospite Riccardo, uno strafigo che la eccita al solo pensiero.
Jessica rigira tra le mani lo smartphone, con una leggera pressione dell’indice lo accende, lo sfiora con il pollice ed entra in Facebook. Ha diciassette notifiche e tre richieste d’amicizia. La foto con la scollatura in bella vista sta portando i suoi frutti.
Marta si pulisce i denti con il polpastrello dell’indice, sente un rumore e si volta. Marco, da buon soldatino, si è vestito come gli ha detto lei. Quella scema di Silvia non resisterà al fascino di Edward di Twilight. «Nessun ripensamento» sussurra alle amiche.
«Per cosa?» chiede Eva.
«Non ci penso per niente, quel video mi farà diventare una vera youtuber!» risponde Jessica.
***
Rigiri il plico di fogli tra le mani e lo getti sul pavimento. Sai che lì dentro non c’è nulla di interessante, eppure quella storia non ti convince. Non riesci a darti pace per Giulia, la ragazzina di diciotto anni trovata morta nel casolare tra i boschi. Sai che se non troverai nulla nelle prossime ore ti toccherà dare ragione a quel cazzo di medico legale che vuole convincerti che si sia suicidata. Ma a te che una ragazza si possa impiccare da semi sdraiata non ti va giù. Forse perché lei ti ha subito ricordato te alla sua età per quella maglietta dei Ramones, che in entrambe nascondeva le forme femminili. O perché non ti convince l’idea che si sia prima drogata e, mentre aspettava che i farmaci facessero effetto, si sia legata una corda al collo per morire soffocata sotto gli effetti del Lexotan.
Fatto sta che domani mattina quel coglione del tuo capo dichiarerà chiuso il caso e Giulia sarà dichiarata suicida e a te questa cosa non va giù, una ragazza cazzuta con la maglietta dei Ramones non può essersi tolta la vita.
Ti alzi di scatto, corri verso il frigo, recuperi una birra e vai alla porta di casa. Devi fare un ultimo sopralluogo.
***
L’auto di Marco accosta, lui mi guarda e stira un sorriso svogliato. Ultimamente è strano, sono due settimane che mi scrive su Facebook, mi segue su instagram e retwitta i miei stati, però, quando siamo soli abbassa lo sguardo e diventa freddo. E pensare che è in classe mia da quando è stato bocciato per la seconda volta, un anno fa, e non mi aveva mai considerata.
Salgo in auto e spalanco la bocca per lo stupore. Per fortuna lui è impegnato a fissarsi le mani e non nota la mia espressione.
Perché cazzo ha deciso di vestirsi come quel manichino di Edward? Dovrebbe capirsi lontano un chilometro che io sono una tipa da Jacob, a me piacciono i ragazzi “calienti”. Per fortuna non avevo nessuna voglia di andare oltre un bacio.
«Allora, dove mi porti?» Sorrido e mi sistemo sul sedile.
Lui si gira e, finalmente, mi vede. O meglio, si accorge che ci sono. Nonostante io mi sia già sfilata la giacca, non degna di uno sguardo le mie tette e non nota nemmeno le cosce in bella mostra.
Abbozza un sorriso ebete e farfuglia qualcosa.
«Non ho capito dove andiamo…» Glielo richiedo subito. Casa mia è vicina, faccio ancora in tempo a dire a mia madre che è saltato tutto e posso mettermi ad ascoltare un po’ di buona musica.
«È una sorpresa» dice, con l’enfasi con cui si annuncia la morte della nonna.
Mi mordo il labbro, allaccio la cintura e decido di dargli una possibilità, magari è solo molto emozionato. In fondo, non capita tutti i giorni di uscire con una vera ragazza e non con una di quelle bamboline insipide che ci sono in classe nostra; senza nulla togliere a Marta e alle sue scimmiette.
***
Marta si sporge oltre l’albero, guarda la strada e scuote la testa. «Non sono ancora arrivati» dice alle sue amiche.
Eva impreca contro il motorino e si controlla le unghie, ha sempre paura che gliene possa rimanere una incastrata nel freno. Il padre le ha detto mille volte che impossibile, ma cosa ne può sapere uno che non si fa nemmeno la ceretta al petto?
Jessica sta controllando Facebook, nell’ultima mezz’ora è diminuito il flusso di like alla foto e i commenti si sono azzerati. Passi che nessuno le scriva più “quanto sei bella” o cose simili, ma almeno seicento “mi piace” la foto doveva portarli a casa. Invece è ferma a quattrocento e la cosa la turba.
Marta vede una macchina in lontananza e si acquatta dietro l’albero. È emozionata, finalmente metterà a tacere la prima della classe, quella che si sente tanto superiore a loro solo perché riesce a leggere i libri. Che poi anche lei ha letto il libro de “Er Volpe”, quello di YouTube, qualche mese fa, ma non se l’è tirata così tanto. «Siete pronte?» sussurra alle amiche.
«Per cosa?» chiede Eva.
«Posto questo selfie e sono tutta tua!» risponde Jessica, scattandosi una foto.
***
Parcheggi la tua moto sul retro del casolare, è lì che hanno trovato la bicicletta di Giulia; la ragazza non l’aveva nemmeno legata. Ti avvicini a piccoli passi, scandagli la zona alla ricerca di qualunque cosa possa esserti sfuggita, ma non c’è nulla.
Senti il rumore di una porta di legno che sbatte e subito dopo le voci soffuse di alcune ragazze. Ti abbassi e cammini rapida verso la porta dietro la quale hanno trovato il corpo senza vita di Giulia. Sai che se è entrato qualcuno dall’ingresso principale puoi prenderlo alle spalle passando da lì. Hai setacciato quel cazzo di casolare per una giornata intera e ormai potresti girarlo anche al buio.
Anche la porta che apri tu scricchiola, ma non sei stupida e l’accompagni in modo che non faccia troppo rumore.
Osservi la chiazza scura sul pavimento, quella da cui hanno raschiato via la merda di Giulia. La superi e ti avvicini a un’altra porta. Puoi già sentire la voce di un ragazzo e una ragazza: non sono quelli che parlavano fuori. Un brivido ti attraversa il corpo.
Carezzi la pistola e poggi la mano sulla maniglia, il cuore ti batte forte: ti piace fare l’investigatrice.
***
L’interno del casolare non è poi male. Magari si potrebbe pulire più spesso, ma l’arredamento “satanico” mi piace. Le pareti sono scrostate e fatico a leggere i grafiti, ma i pentacoli e i crocefisso capovolti non lasciano molti dubbi. Non pensavo che Marco potesse essere un ragazzo di quel genere, lo facevo più un discotecaro, ma questa variante mi piace parecchio.
«È qui che porti le tue vitt… ragazze?» gli chiedo.
Farfuglia qualcosa di incomprensibile e va verso il vecchio camino, tira fuori l’accendino e accende un moccolo di candela che crea il giusto ambiente. Fuori il sole sta iniziando a calare.
«Quindi, le porti tutte qui le tue… ragazze, o io sono la prima?» ci riprovo, sia mai che riprenda vita.
Lui mi guarda e abbozza un sorriso, ma gli occhi non mentono, probabilmente è morta anche sua mamma durante il tragitto.
«Va bene, come non detto. La serata prevede che tu dica anche qualcosa?»
Finalmente abbozza un sorriso quasi convincente: c’è vita dopo la morte!
«Non pensavo di parlare.» Ammicca e si avvicina piano. Trascina i piedi a terra, probabilmente vuole fare il sexy, ma non fa che accrescere il mio timore che si sia trasformato in zombie.
«Allora che vuoi fare?» Tolgo in fretta la giacca e porca miseria, stavolta deve accorgersi delle mie tette, a costo di spalmargliele in faccia.
«Secondo te?» Mi poggia una mano sulla spalla e con l’altra sposta la mia ciocca di capelli ribelle. Si avvicina, la punta dei nostri nasi si sfiora.
Un brivido mi fa accapponare la pelle. Posso sentire il suo profumo, è dolce, forse un po’ troppo, ma non sto a sottilizzare. Socchiudo gli occhi e aspetto che le sue labbra tocchino le mie.
Sono tesa, se sono arrivata al terzo appuntamento è perché Marco mi fa girare la testa dal primo giorno che l’ho visto. Adoro i suoi capelli neri e quell’espressione di chi se ne frega del mondo. Mi piace anche il modo in cui le ha stuzzicate tutte senza tenersene una. Forse è questa la sfida che mi fa tremare gli occhi mentre aspetto il suo bacio: io devo essere quella giusta per lui!
***
Marta si solleva leggermente e guarda attraverso la finestra sporca. Marco e Silvia sono avvinghiati l’una all’altro. «Si stanno baciando» sussurra, voltandosi verso le amiche.
«Chi?» chiede Eva. “Uomini e Donne” è già cominciato, ma se si muove può guardare la fine della puntata. È tranquilla, comunque vada su Internet può vedere le immagini di Riccardo.
«Non mi perdo un istante…» Jessica ha il cellulare sollevato sopra la testa, puntato verso l’interno della casa. Stavolta non ci sono scuse che tengano, quel video deve finire assolutamente sul suo canale di YouTube, accada quel che accada. Non come l’ultima volta!
Marta osserva le due socie e sbuffa, sono fidate, ma poteva trovare qualcosa di meglio. Torna a guardare attraverso la finestra, Marco e Silvia sono ancora abbracciati, ma questo non le basta, lui deve farselo succhiare per riavere il video. Vuole vederla in ginocchio quella puttanella.
Passa la mano sul vetro e ricava un angolo pulito da cui guardare meglio l’interno del casolare, giusto in tempo: le mani di Marco scendono lungo la schiena di lei e si fermano su quel culetto che lei mette sempre in mostra, nemmeno fosse l’unica ad averne uno.
Marta si lecca le labbra, a breve avrà il premio tanto agognato.
***
Ti blocchi dietro la parete di quello che doveva essere il corridoio che divideva la zona giorno da quella notte. Senti quello che si sta dicendo la coppia e poco dopo il rumore liquido dei loro baci. Ti sporgi e cerchi di spiare nella stanza. Non vuoi fare la figura della guardona ma devi accertarti che quello non sia il preludio di un altro omicidio. Lui può averla adescata per poi ucciderla insieme a quelle ragazze che hai sentito prima.
Ti allunghi in avanti, ma non riesci a vederli. In compenso noti due ragazze che li stanno spiando attraverso la finestra. Porti la mano alla pistola e attendi: questa notte non deve morire nessuno!
***
La mano di Marco tentenna, poi si schianta, sicura, sul mio sedere. Mi irrigidisco, la prima reazione sarebbe quella di spostarlo per prenderlo a calci, ma un po’ di petting non guasta e poi con uno come lui dovrò pur concedere qualcosa.
La sua lingua gioca con la mia, ha un alito gradevole e delicato, non come Luca. Quello scemo la roteava nevrotico, sembrava un carpentiere che prepara la calce.
Mi rilasso e mi strofino, leggera, sulla patta dei suoi jeans. Il non trovare quello che mi aspettavo mi delude, di solito basta molto meno per fare eccitare i ragazzi. La cosa mi intriga, Marco è proprio figo.
La mano di lui scende ancora, la lingua smette di muoversi, le sue dita mi sfiorano l’inguine e cercano di intrufolarsi sotto i pantaloncini. Spalanco gli occhi. Mi sta fissando, ma sembra più spaventato di me. Lo scosto leggermente, ma il braccio con cui mi abbraccia stringe la presa.
«Lasciami stare» gli dico, afferrandogli il polso.
«Perché, è questo che volete tutte!»
«Non io, non così, non ora.» Cerco ancora di liberarmi ma, invece di cedere, lui intrufola il dito e supera il perizoma.
«Lasciami!» urlo.
***
Marta sobbalza e afferra Eva per il braccio. «Ci siamo!» Finalmente Marco ha dato segni di vita, quella troietta continua a fare la preziosa, ma adesso gliela dà e addio “Verginella”.
«Okay, ma lasciami il braccio» sbuffa Eva. È stanca di stare lì. Prende la chiavi del motorino dalla borsetta e si alza. «Tu vieni con me?» chiede a Jessica.
«Nemmeno per sogno.» Le mani le tremano, sta per realizzare un sogno. Già vede il post su Facebook con migliaia di like e altrettante condivisioni. Da domani sarà qualcuno e questo lo dovrà solo alla sua cocciutaggine. Hanno ragione tutti quelli che in televisione dicono che bisogna rincorrere il successo, a qualunque costo. Guarda Eva andarsene, ma non le importa, ha altro a cui pensare.
L’entusiasmo di Marta si smorza improvvisamente. Silvia ha allontanato Marco e gli ha tirato un calcio in piena faccia.
«Noooo!» urla. Serra il pugno e lo scaglia contro il vetro che si frantuma.
***
Ho ancora i pugni stretti vicino al petto, la gamba distesa in avanti e il piede più in alto della mia faccia. Il maestro mi avrebbe fatto i complimenti per il Nopi Chagi con cui ho appena steso Marco, che invece non dev’essere felice. È finito a terra, il sangue gli cola dal naso che da oggi gli servirà solo per tenere su gli occhiali 3D.
«Noooo!» La voce di Marta mi arriva come una staffilata alle ovaie, dolce e gradita come il ciclo il primo giorno di mare.
Mi rimetto su due piedi, mi volto e la vedo dietro la finestra rotta. Non mi mancava per nulla la sua faccia da maiale, ma la vena che le pulsa sulla fronte mi fa ben sperare. Accanto a lei c’è Jessica “iPhone”, con il fidato smartphone stretto in mano.
Sorrido, finalmente mi è tutto chiaro, ma sono un po’ triste per aver rotto solo il naso a Marco, avrei potuto fare di meglio, forse il maestro non sarebbe così felice.
Le due amiche spariscono, ma sento le loro imprecazioni mentre fanno il giro fuori dal casolare per fare irruzione dalla porta.
«Scusa» bofonchia Marco, sputacchiando sangue ovunque.
Vorrei dirgli che è solo un coglione, che non mi deve delle scuse, che deve vergognarsi. Ma non si sta rivolgendo a me.
«Scusa un cazzo. Dovevo sapere che questo non era un lavoro per frocetti!» Marta sembra più stronza del solito. Ha una mano poggiata sulla vita e con l’altra disegna cerchi davanti a se.
«Scusa…» piagnucola Marco e cerca di bloccare l’emorragia con le dita. Mi fa quasi pena.
«Tieni le tue scuse per i tuoi, non so quanto saranno felici di vedere il loro figlioletto mentre si fa il capitano della squadra di calcio» insiste Marta, mentre Jessica sventola l’iPhone come fosse una trofeo.
Aggrotto la fronte e le guardo. Marco mi fa ufficialmente pena e quelle due stronze la devono pagare. Vorrei farle ingoiare i denti. «Siete due troie!» mi limito a dire, con la giugulare che urla vendetta.
«Non fare tanto la santarellina, domani metteremo online le immagini di te che meni Marco e diremo che non hai preso bene il suo rifiuto…» Marta porta anche l’altra mano alla vita e ancheggia, felice.
Il ragionamento dell’improvvisata Edmund Dantès mi lascia perplessa, non credo che quel video possa distruggere la mia reputazione.
Mentre mi interrogo, una sagoma sbuca da dietro una porta. «Fermi tutti, polizia!» dice, mostrando la pistola.
***
Per fortuna sei riuscita a placare l’istinto di intervenire subito dopo l’urlo della prima ragazza. Se fossi intervenuta avresti arrestato quel poveraccio che stavano ricattando.
Avanzi piano, la pistola rivolta al soffitto, non vuoi che si spaventino, sembrano solo delle ragazzine. Eppure senti che sono pericolose.
«Che ci fate qui?» chiedi, ma capisci subito che non era la domanda giusta. Vagonate di parole si sovrappongono e ti assalgono.
«Zitte, una alla volta. Perché proprio qui e non da un’altra parte?»
«Che domanda stupida, sanno tutti che questo è il capanno degli innamorati!» La ragazzina si muove come una nera del ghetto americano, ma è slavata e ha la voce stridula.
«Eravate qui anche il ventinove aprile?» Mentalmente ti segni il fatto che sei un’idiota circondata da idioti. Com’è possibile che quell’informazione sia sfuggita a tutti?
«Forse…» La nera pallida ha perso un po’ di brio.
«Avete ucciso voi Giulia Mastro?» vai dritta al punto.
«No, però ho questo» La ragazza con l’iPhone in mano ti si avvicina sorridendo. «Faccia play» dice, porgendotelo.
Rinfoderi la pistola e avvicini l’indice allo schermo. Il video parte con la voce della proprietaria del telefonino che dice a qualcuno di stare zitto. Quello che intuisci essere un ragazzo protesta ma si adegua. L’immagine traballa tra le pareti sporche del casolare e inquadra una parte più buia. Seguono alcuni secondi di confusione, poi diventa tutto nitido e vedi Giulia accasciata nella stanza in cui l’hanno trovata morta. Ha in mano una confezione di Lexotan, snocciola il blister e ingoia le pastiglie.
Gli occhi ti si gonfiano di lacrime. Sai che dovrai dare ragione al medico legale, ma la cosa che ti fa male è aver capito perché non volevi accettare la storia del suicidio: sdraiata sul pavimento del casolare non c’è più Giulia, ora ci sei tu vent’anni prima, con in mano lo stesso farmaco, ma con al mondo un’amica vera.
«Questo viene con me» dici, infilandoti l’iPhone in tasca. Sei furiosa, vorresti prendere a pugni le due ragazzine, ma non puoi farlo e ne soffri.
«Veramente…» provano a protestare.
La rabbia ti viene fuori sotto forma di ruggito. «Avete ragione, anche voi due verrete con me, siete in arresto per omissione di soccorso, e voglio il nome del ragazzo che c’era con voi!» Porti la mano al cellulare per chiedere rinforzi.
Hai risolto il caso, ma non sei per nulla felice: stanotte sei morta anche tu.
***
Sdraiata nel mio letto, fisso il soffitto. Sono un po’ triste per la storia con Marco. Libero dall’obbligo di trombarmi ha chiacchierato. È un ragazzo molto spigliato e pieno di massime interessanti, ma abbiamo gli stessi gusti sessuali, non ci sarà mai nulla tra noi.
L’unica nota positiva è che per un po’ non avrò tra i piedi Marta e Jessica, già solo per questo ne è valsa la pena. Eppure la cosa mi turba, non capisco come quelle due abbiano potuto guardare la ragazza morire. L’hanno ripresa senza battere ciglio.
Forse una risposta ce l’ho, ma non voglio dare ragione a Marco. Le sue parole mi risuonano in testa: «Alle duemila è più facile metterglielo in culo che in testa!» ripeto, sorridendo