Giorgio si strinse nelle spalle, nascose la valigetta sotto il paltò e si infilò tra i giornalisti fermi davanti al Quirinale.
«A ‘stoggiro lo fanno il governo.»
«Lo dizi da agosto.»
«Silenzio, stanno aprendo il portone, magari esce qualcuno…»
Giorgio schivò due cameraman, scavalcò una transenna e ricadde di faccia sul piazzale a pochi passi da “Spelacchio trentaseiesimo”. Una pallina rossa si sganciò dallo scheletro di un ramo e gli cadde sulla testa.
Provò a rimettersi in piedi. Due mani lo afferrarono da sotto le ascelle.
«È lei l’esperto?» chiese il corazziere che lo stava sorreggendo.
Lui si limitò ad annuire, anche se non aveva la minima idea in cosa fosse esperto.
***
Giorgio fissava la porta di legno davanti alla quale era stato trascinato: in quel momento avrebbe preferito arbitrare un derby di calcio a Scampia.
L’uscio cigolò e si aprì.
«Dottor Foti?» un uomo basso gli si parò davanti.
Giorgio carezzò la valigetta, che ora teneva stretta al petto, e deglutì faticosamente.
«Sì.»
«Ha portato quello che le hanno chiesto?»
Annuì.
«Mi segua!»
L’usciere si voltò ed entrò nella stanza da cui provenivano urla molto simili a quelle che c’erano fuori.
Tre uomini e due donne discutevano animatamente sotto lo sguardo attonito di un anziano che, seduto al centro di un divanetto, si teneva la testa tra le mani.
Giorgio spalancò la bocca alla ricerca dell’aria che non voleva saperne di riempirgli i polmoni: era al cospetto del Presidente della Repubblica e dei rappresentanti dei maggiori partiti italiani.
A fatica, l’anziano si issò e avanzò tra i commenti dei presenti.
«Quindi è lui l’esperto?» chiese la segretaria del Movimento 5 Stalle.
«La solita pagliacciata…» commentò il rappresentante della Lega Nerd.
«Noi del Partito Demografico faremo come vuole il Presidente!»
«Avrei preferito una bella figliola» ironizzò il delegato di Inforca Italia, sollevando il toupet per asciugarsi la nuca.
«Lasci le sue battute sessiste fuori da questo luogo o noi di Sforza Nuova…»
«Anche lei è una bella figliola» insisté il parruccato, ignorando la minaccia.
La stanza tornò a essere una bolgia.
«Silenzio!» urlò il Presidente.
Una volta tornata la quiete, si rivolse a Giorgio: «L’ha portato?»
«Sì» rispose.
«Mi faccia vedere.»
Giorgio poggiò a terra la valigetta e fece scattare la serratura: all’interno c’era il completo da arbitro.
«Eccolo.» Il Presidente si chinò e raccolse il fischietto. «Finalmente potremo mettere fine a queste consultazioni.»
I cinque storsero il naso.
«Sono mesi che ci ritroviamo ogni santissimo giorno e nessuno vuole prendere una decisione.» Evidentemente spazientito, l’anziano sbuffò dal naso. «Il Dottor Foti mettere la parola fine a questa impasse.»
Giorgio si ritrovò addosso gli occhi di tutti. «Io?»
«Lo so, ci vuole coraggio, ma lei è una persona abituata a prendere decisioni difficili.»
«Veramente…»
«Non faccia il modesto, lei è un arbitro di terza categoria e ha scritto il libro: “Divertirsi con poco. Regole dei giochi di una volta”» lo rincuorò il Presidente.
Giorgio sollevò le spalle. «E allora?»
L’anziano, in preda a un’energia rinnovata, scattò in piedi.
«Usciere» chiamò. «Faccia entrare le quattro sedie e l’orchestra.» Poi si voltò verso i rappresentanti dei partiti. «Allora è tutto deciso: i primi due che rimangono senza sedia formano il governo!»